Valle Susa
Chi va per montagne, solitamente, ha il grande difetto di fissarsi su un determinato obbiettivo e non riuscire a levarselo dalla testa. L'obbiettivo, ovvero una cima, un colle, un anello perfetto o quello che volete, viene solitamente scelto per la sua fama, per la sua bellezza, per la sua difficoltà o per forte curiosità di vedere un ambiente nuovo ed insolito.
Per il Rocciamelone la scelta è stata dettata da tutti questi fattori, uniti al "sogno-idea" di percorrere 3000m di dislivello negativo in sella alla propria bicicletta ...
Amedeo (Cavalletta)
... salita al Rocciamelone ... (Foto Maki) |
Era già da tempo nei nostri progetti, un po' come sogno e un po' come concreta realtà visti i tentativi precedenti di altri biker alpini. A inizio di quest'anno l'avevo messa in programma e, finalmente, a fine stagione, siamo riusciti a organizzarci per tentare la discesa dalla vetta di questa bella montagna fino in bassa valle, a Foresto! Dopo aver guardato e riguardato i video già su internet della discesa, aver letto relazioni più o meno dettagliate e aver chiesto informazioni anche a chi è salito a piedi ci siamo resi conto della concreta possibilità di una elevata percentuale di ciclabilità in discesa ...
... "C'è un sentiero, lassù?" ... (Foto Samuel) |
Inizialmente pensiamo a una gita da fare in giornata ma accantoniamo subito l'idea perché ci sembra evidente che per affrontare una discesa così lunga e impegnativa (oltre 3000m di dislivello) bisogna partire dalla cima relativamente riposati. Le soluzioni sono due: lasciare una macchina a Foresto e salire con un'altra fino al rifugio La Riposa (2180 m) in modo da eliminare 1700 m di salita oppure dividere in due giorni l'uscita, salire al rifugio in bici e pernottare per affrontare i restanti 1300 m di salita e la discesa il giorno seguente. Maki boccia senza appello la prima ipotesi ("La navetta non è etica!"), ma da una prima ricerca in rete sembra che quest'anno il rifugio sia chiuso; fortunatamente indagando meglio scopriamo che non è così, hanno solo aperto tardi per problemi burocratici.
... il balcone del Ca' d'Asti ... (Foto Maki) |
Al pomeriggio del sabato ci troviamo a Foresto e alle 14 siamo in bici. Dopo un trasferimento pianeggiante fino a Susa seguendo la via Francigena ottimamente segnalata in loco (dove io sono protagonista di un capitombolo su asfalto che mi costerà, giustamente, la derisione per l'intero fine settimana) iniziamo a salire. La salita è "piacevole" nel senso che, anche se prevalentemente su asfalto (solo il tratto finale è su strada bianca), si inerpica sui pendii boscosi della valle con pendenza abbastanza sostenuta ma costante e ci permette di chiacchierare e di rendere la fatica più sopportabile. Nonostante un acquazzone che ci prende di striscio non perdiamo l'entusiasmo e, giunti al rifugio, festeggiamo con the caldo e birrette (strano mix...) e una doccia calda che ci riporta allo stato di esseri umani. Nel frattempo il cielo si sta ripulendo, e guardando in alto vediamo chiazze bianche! Il temporale ha lasciato tre dita di grandine.
... ripido e scivoloso, ma si sale ... (Foto Maki) |
Trascorriamo una piacevole serata in compagnia di Carmen, gestrice del rifugio, un squisita persona che ci tratta "come a casa" e che ci fa dimenticare tutte le nostre velleità cicloalpinistiche. Quando vediamo che anche Thor, un "cucciolo" di 70kg (enorme), è assonnato capiamo che anche per noi è ora di andare a nanna per prepararci alla lunga giornata che ci aspetta. Alle 8 del mattino siamo già con le bici sulle spalle. Iniziamo la lenta salita cercando di individuare i passaggi più ostici da affrontare in discesa. Si tratta di un itinerario andata/ritorno che in questo caso vediamo come un vantaggio perché ci permette di "studiare" al meglio il percorso. In meno di due ore siamo al rifugio Ca d'Asti (2854m) e cioè a metà di questa lunga sessione di portage. Obbligatoria una sosta per un boccone e un sorso d'acqua, animata da una piacevole conversazione con un anzianotto escursionista che ci racconta di quando, in passato, qualcuno si è addirittura preso la briga di portare (fra le sassate del pubblico...) una moto da trial in punta restandoci anche parecchio sopra!! Questo ci fa sorridere ma anche sperare in un sentiero fattibile in bici... Ci suggerisce anche, una volta in cima, di scendere fino al ghiacciaio in bici per poi risalire: l'idea ci piace, ma la nebbia in arrivo ci farà rinunciare.
... a quota 3200 ci prendiamo anche il lusso di pedalare ... (Foto Maki) |
Riprendiamo la salita con passo lento e costante. Il sentiero è ripido e viscido a causa della grandinata del giorno precedente che si sta sciogliendo e una brezza leggera e fresca ci ricorda che l'estate ormai è quasi finita ...
Numerose sono le soste, la fatica si fa sentire e la quota anche ma, sempre motivati, arriviamo alla Crocetta, punto chiave dell'itinerario. Siamo a quota 3300m e ci rendiamo conto, non senza una certa sorpresa, che da qua fino a fine discesa è quasi tutto ciclabile ("quasi" perché alcuni passaggi sono molto impegnativi e non ce la sentiamo di affrontarli). La logica direbbe di lasciare qua le biciclette e proseguire a piedi ma in una salita cicloalpinistica di logico c'è poco e cosi decidiamo di portarle in vetta. In realtà a me e a Marco qualche dubbio è venuto ma Maki e Samuel sono stati perentori e molto convincenti sulla questione ...
... il traversone dopo la Crocetta ... (Foto Maki) |
L'ultima parte del percorso invece è esposta e pericolosa. Ci rendiamo subito conto che potrebbe essere un problema l'incrocio con gli escursionisti a piedi in quanto noi siamo "ingombranti". Fortunatamente di solito c'è spazio e il più delle volte basta un po' di buon senso e il mettersi a lato sentiero per risolvere il problema. Il primo centinaio di metri di dislivello è un lungo traverso su pietroni che sembra potenzialmente fattibile in bici in discesa anche se permangono molti dubbi.
Finito il traverso una serpentina attrezzata con una corda conduce in vetta: questo tratto è chiaramente non ciclabile e a tratti si fa fatica anche a portare ma in un modo o nell'altro poco prima di mezzogiorno arriviamo in vetta! La felicità è tanta e la soddisfazione anche ma ci rendiamo conto che il bello viene ora.
... inizio discesa: la prudenza non è mai troppa ... (Foto Maki) |
L’accoglienza in vetta è calorosa, gli escursionisti entusiasti e curiosi di vedere "quattro pazzi in bicicletta", tranne uno perplesso che ci espone le sue obiezioni (ma si lascia convincere del fatto che sappiamo cosa facciamo) e il gestore del Ca d’Asti che, gentilmente, offre thè caldo a tutti e racconta aneddoti, anche di sporadici ciclisti, riguardanti questa cima. Scattate le foto di rito siamo pronti per la discesa. Il meteo è cambiato, ora siamo nella nebbia per fortuna non troppo fitta ma non siamo preoccupati perché il gestore, probabilmente più saggio di noi, ci rassicura dicendoci che il maltempo arriverà solo in serata. Dopo gli auguri di tutti (che cogliamo l’occasione di ringraziare, fa sempre molto piacere essere ben voluti e apprezzati) partiamo.
... il traversone, in discesa è più divertente ... (Foto Marco) |
I primi 150m di dislivello sono sul tratto attrezzato, con esposizione altissima su pareti verticali. Solo una brevissima sezione (5m?) la facciamo in bici, giusta giusta per un bello scatto. Rapidamente arriviamo al lungo traverso, dove calano sia l'esposizione che la pendenza del sentiero.
Ci facciamo coraggio e saliamo timidamente in bici riuscendo a percorrerlo quasi nella sua interezza (saltiamo un passaggio) arrivando alla Crocetta con un sorriso enorme. La prima parte ciclabile è fatta! Ora sappiamo che quello che troveremo più avanti sarà più semplice.
... la crocetta ... (Foto Cavalletta) |
E in effetti è così: dalla Crocetta inizia uno stupendo percorso dal fondo ghiaioso e ripido intervallato da lastre rocciose. I passaggi sono molto impegnativi, complicati a volte dal fondo ancora umido a causa dei rovesci del giorno prima, ma, salvo un paio, li percorriamo tutti in bicicletta. Chiaramente l’impegno richiesto è molto alto e ogni tanto ci scappa il piede a terra, ma questo già lo sapevamo nella parte di studio dell’itinerario e non ci spaventa anche se ci tiene bene in guardia.
... Tanta, tanta roba! ... (Foto Maki) |
Arrivati al Ca d’Asti il fondo ghiaioso lascia spazio alla terra e le difficoltà calano leggermente mantenendosi, però, ancora alte. I passaggi e il paesaggio sono stupendi, si passa da sezioni più veloci a gradoni di roccia trialistici, a passaggi scavatissimi.
Anche in questa parte di discesa solo un paio di passaggi non li affrontiamo in sella e soltanto uno senza nemmeno provarci. Giungiamo alla Riposa entusiasti e felici, coscienti che però si può fare meglio, sicuramente bikers più bravi di noi avrebbero risolto anche le (poche) parti per noi off limits.
Ci rendiamo conto che fino a questo punto abbiamo percorso già 1170m buoni sopra la bicicletta e per noi è già un risultato migliore dello sperato!! Ora possiamo concederci un riposo dentro il rifugio e una Cocacola rigenerativa...
... Sentiero per nulla scavato ... (foto Maki) |
Salutiamo calorosamente i gestori e ripartiamo. Il rientro a Foresto è previsto sui sentieri 559 e 560, già ben conosciuti dai biker. Dopo aver tentato qualche taglio poco divertente (e che sconsigliamo, fate la strada) raggiungiamo sulla strada bianca Tour, dove imbocchiamo il sentiero 559. Il sentiero è relativamente scorrevole e possiamo rilassarci un attimo, ma non troppo a causa di alcuni passaggi iniziali esposti (uno protetto con un guard-rail stradale!) fino a quando entra nel bosco dove si torna tra le pietre... ormai siamo collaudati a questo tipo di fondo però la stanchezza inizia a farsi sentire e le braccia a fare male e non possiamo mai distrarci. Raggiunto uno sterrato poco sopra Chiamberlando, nei pressi di una fontana imbocchiamo un taglio su sentiero non molto visibile (sconsigliamo anche questo, meglio proseguire sullo sterrato fino alla prima curva) che si collega al sentiero 560 che ci porterà fino a Foresto sul ciglio dell'omonimo orrido.
Ora è solo più sofferenza e voglia di arrivare. Ci rendiamo conto che il sentiero è molto bello ma ormai siamo stanchi e fra l'esposizione (a tratti notevole) e il fondo (per lo più pietre e terra smossa) facciamo fatica a goderci sia la traccia che la vista. Maki, per mettere la ciliegina sulla torta, cade e alla faccia delle protezioni si disfa il ginocchio per l'ennesima volta. Fortunatamente una mia foratura ci da un po’ di tempo per riposare... Giungiamo a Foresto esausti, dopo un ultima ripida sessione su pietre lisce che ci dà il colpo di grazia. Ci guardiamo in faccia e l’unica cosa che pensiamo è che è arrivata l’ora della birra! Sicuramente per noi la gita più sentita della stagione, quella più ambita e sperata. Una gita di due giorni di questo tipo non solo solidifica le conoscenze le capacità tecniche e fisiche ma anche, e soprattutto, rafforza i rapporti umani che si creano sulle nostre splendide montagne.
Amedeo (Cavalletta)
... nell'Orrido di Foresto, sul sentiero 560 ... (Foto Cavalletta) |
Che bella risposta a una domanda stupida, saggezza dei giovinastri... Perché poi cosa vuol dire "ciclabile"? Adatto alle bici, ok. Vuol dire che si pedala da seduti? O si fa in piedi? E poi lo fa chi? Harald Philipp, Bobuzzo o il nonno con "la 28"? E come lo misuriamo, sullo sviluppo? O sul dislivello? Se mi pianto in una curva stretta quanti metri di penalità devo calcolare? E se metto un piede a terra? Se torno indietro e rifaccio il passaggio "a zero" ho lo sconto sulle penalità? No, davvero, 'sta cosa non ha senso. Facciamoci la domanda giusta, rovesciamo le parti. Sono "io" adatto a fare quel sentiero? Ma soprattutto, mi ci diverto? Non è la stessa cosa.
Ecco, chi può divertirsi scendendo con una bici dal Rocciamelone? Sicuramente non chi ha come tecnica di guida "molla i freni, butta giù e spera nella forcella". Qui non funziona, manca proprio lo spazio per lasciar correre. E' un sentiero ripido, pieno di ostacoli, gradonate e curve strettissime, spesso in rapida sequenza. Bisogna scendere in maniera controllata, raramente si mollano davvero i freni, ed è spesso necessario correggere la traiettoria con spostamenti delle ruote da fermo. Eppure non è impossibile, se vi piacciono queste cose potete divertirvi, e tanto, da 150 metri sotto la vetta fino alla Riposa. I primi 150 metri hanno esposizione massima e sono difficilissimi, ma non escludo che un Vertrider possa divertirsi arrivandoci magari dopo una pioggia che pulisce le rocce dalla polvere depositata dai pedoni (centinaia al giorno). La temuta convivenza con i suddetti pedoni si è rivelata invece piacevolissima; la differenza di velocità è ridotta e c'è generalmente spazio per non infastidirsi a vicenda; la curiosità generata dalle bici in una situazione non usuale fa il resto. Dalla Riposa in giù sono sentieri "normali", già abbastanza documentati in rete, e la platea di chi può divertirsi si allarga decisamente. Invito tuttavia a non sottovalutare il 560, che con le braccia cotte non è banale. Non mancano peraltro le alternative: restare sul 559 fino alla fine, o prendere fin dall'inizio il 558 o il 529 (GTA).
Pericoli? ... un po', in alto, nei primi 150 metri di dislivello che si fanno a piedi. E' espostissimo, e un paio di passaggi sono stretti anche a piedi, con il canapone in una mano e la bici nell'altra. Decisamente non adatto a chi ha le mani di burro; non tanto per la bici che magari nella caduta non si danneggia neanche troppo, quanto per quello sotto che se la prende in testa. Poi, fino alla Crocetta l'esposizione cala e il sentiero si allarga, ci vuole sempre attenzione ma non è necessario essere dei mostri di bravura per farlo in bici. Dalla Crocetta al Ca d'Asti il sentiero è ricavato in una pietraia, si cade sicuramente sul duro, ma non c'è una particolare esposizione. L'esposizione brutale ricomincia con il 560, che scende nell'Orrido di Foresto. Questa per me è la parte più pericolosa in assoluto. Già ci si arriva stanchi, poi è un sentiero che richiederebbe di lasciar correre la bici per galleggiare sul fondo mosso, solo che non si può perché c'è il baratro sotto, spesso mascherato da una vegetazione esile e del tutto insufficiente a trattenere una caduta. Fate tanta attenzione, o scendete da un'altra parte che è meglio.
Maki
Per scaricare la traccia GPS (in formato GPX) e vedere la mappa del percorso clicca su:
Foresto – Susa - Mompantero – La Riposa – Rifugio Ca' d'Asti – Rocciamelone - Rifugio Ca' d'Asti – La Riposa – Tour - Foresto
Presenze: Amedeo "Cavalletta", Marco, Maki, Samuel
Quota di partenza: 488 m (Foresto)
Quota Max: 3538 m (Rocciamelone)
Dislivello: 3090 m
Ciclabilità in salita: 55%
Ciclabilità in discesa: n.d. (vedi commento)
Sviluppo: 44 km
4 commenti:
Grandissimissimi bravi, ci voglio provare anchio
Bella recensione. Ad agosto di quest anno ci voglio provare Anke io. Xo in solitaria 👌
Bravi, non si può condividere l'articolo?
Great, need to try this one 😀
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